domenica 9 giugno 2013

Sant'Agata e Angiolina Jolie


Sant'Agata non abiurò la religione cattolica.
Sant'Agata non cedette a questo e altri ricatti.
Sant'Agata era una donan vera, così il rimando della sua leggenda.
Ci piace la sua tessitura di resistenza a Quintiano,non certo di attesa e sottomissione come Penelope, che francamente, anche in prima media, non c'è stata mai simpatica.
Ci piace pensare che la sua castità non nascesse dal rifiuto del maschio, ma dal rifiuto della violenza sessuale.
Fu mastectomizzata con una tenaglia ardente e nemmeno questo bastò a piegarla.
Una punizione terribile,insieme a mille torture, un femminicidio che la portò al martirio.

La mastectomia preventiva scelta da Angiolina Jolie, non è  una Punizione inflitta dalla società scientifica per non sopportare una pena, un castigo naturale o innaturale.
Non è nemmeno mancanza di coraggio. Non può essere inteso come violenza sul proprio corpo.
La Mastectomia Preventiva è una CURA, un atto serio di prevenzione che la Donna può scegliere se portatore di un gene, quello che decide che avrà l'87% di probabilità di morire come sua madre, sua zia e tante donne sue ave di un tumore invasico, precoce e poco differenziato,Un tumore che le porterà a morire in breve tempo.
Lella Costa e Lorella Zanardo, due donne fortemente impegnate nel Movimento delle Donne hanno "poco ragionato", elaborando giudizi frettolosi su un tema molto difficile, di cui si parla poco e male e sul quale andrebbe contestualizzato il dato scientifico.
Vanno riposti i termini della questione nella sua giusta dimensione.
Il Blog delle "Amazzoni furiose" lo fa, e mi auguro abbia la massima diffusione, attraverso due contributi.
Il primo rivolto a Lorella  Zanardo del Movimento SNOQ dalla coraggiosa Blogger , il secondo scritto dalla Dr.ssa Alberta Ferrari con una lettera a  Lella Costa a cui vogliamo bene, ma il dono del silenzio qualche volta dovrebbe riceverlo.

Le Amazoni furiose scrivono
Fa male il post che Lorella Zanardo ha dedicato ad Angelina Jolie sul suo seguitissimo blog Il corpo delle donne. Fa male a chiunque abbia avuto il cancro al seno, a chiunque abbia avuto un'amica, una mamma, una sorella, una zia colpita dalla malattia. E` un post pieno di cattiveria gratuita, immotivata. E` un post che giudica, che assegna patenti di bene e di male. E` un post a scoppio ritardato - porta la data del 5 giugno - scritto a seguito di lunga riflessione. O almeno cosi` si spera, visto che il tema e` dei piu` delicati e complessi e di tempo dalla diffusione della notizia della doppia mastectomia preventiva della Jolie alla pubblicazione del post ne e` passato. E allora perche`?
Scrive la Zanardo che la Jolie e` "divenuta un'eroina, non perche`in grado di combattere coraggiosamente una malattia conclamata, cosi` come molte altre sue colleghe hanno gia` fatto in passato, bensi` perche` capace di sconfiggere preventivamente l'ipotesi che un tumore al seno o all'utero possa coinvolgerla". Innanzitutto, l'utero non c'entra. La mutazione da cui e` affetta Angelina Jolie la espone al rischio di sviluppare il cancro al seno e alle ovaie. Rischio che la mastectomia preventiva - secondo quanto dichiarato dall'attrice - avrebbe fatto scendere dall'87% al 5%. Non sono numeri al lotto, ma cifre fornite dai genetisti che l'hanno seguita. E` importante ricordarlo. La Jolie non si e` svegliata una mattina e ha deciso di farsi tagliare il seno perche` cosi` le andava. Ha preso una decisione ponderata e supportata da medici di sua fiducia. E in quanto tale va rispettata. Inoltre, perche` distinguere tra lei, la Jolie, che si fa asportare i seni preventivamente e le donne "in grado di combattere coraggiosamente una malattia conclamata"? Se avesse atteso che la malattia si sviluppasse avrebbe forse guadagnato i galloni del coraggio e l'ammirazione della Zanardo? Sono molte le donne che la malattia ce l'hanno, che non si sentono affatto guerriere, che non gradiscono affatto che l'appellativo sia appiccicato loro addosso. Una tale Susan Sontag ne ha scritto magistralmente negli anni '70. Zanardo l'ha letta?

La Jolie non avrebbe dovuto rendere pubblica la sua decisione, dice Zanardo. Lo sa, Lorella, che il cancro al seno era un tabu` fino a un paio di decenni fa e che parlarne e farsi fotografare (anche con una fragola in bocca, come nella foto allegata al post) e` stata una conquista? Per quale motivo la Jolie avrebbe dovuto tacere? "Non si debella il cancro con la rimozione degli organi", si legge nel post. E come lo si debella? Con la psiconeuroendocrinoimmunologia? Zanardo ci prende in giro forse? "Il corpo si ammala quasi ci fosse una volonta` di morte", continua. Questo si chiama victim blaming. E` come dire a una donna che e` stata violentata che se l'e` cercata. Far ricadere la responsabilita` di una malattia come il cancro al seno sulle donne stesse e` una vecchia strategia di controllo sociale. Vogliono farci stare zitte sulle cause ambientali, ad esempio, e allora ci rovesciano addosso colpe inesistenti.
"Molto utile resta la prevenzione": quale? Si riferisce forse, Zanardo, alla mammografia? No, perche` se questo e` il caso, non di prevenzione ma di diagnosi precoce si tratta. E spesso non serve a un bel nulla. Come non serviva questo tardivo e insipiente concentrato di acrimonia verso una donna che si e` trovata in una situazione difficile, che ha fatto le sue scelte e che, come tale, merita rispetto.

Lettera aperta della Dr.ssa Alberta Ferrari
Senologia della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia

Carissima e mitica Lella Costa
mitica perché nella mia mente ho sempre associato la sua immagine a quella di una donna tosta, ironica, attrice straordinaria e impegnata a favore del mondo femminile con grinta e determinazione. Insomma, sono una sua ammiratrice da sempre. 
Questo è il motivo che mi spinge a scriverle una lettera aperta in merito al suo commento divulgato da Radio Capital sulla mastectomia preventiva cui si è sottoposta Angelina Jolie. 
Sono chirurga senologa e da anni mi occupo di questo argomento di nicchia: donne geneticamente predisposte al tumore a seno e ovaio. Prima del caso Jolie era difficilissimo infrangere con un’adeguata informazione un argomento che sembrava tabù in Italia, per motivi culturali ma anche per monopolio intellettuale e scientifico di “casta” (il problema esiste in ogni settore). Ho frammenti di lettere e di frasi su blog dove donne consapevoli (forse troppo tardi) del problema parlano tra di loro nel più totale disorientamento per mancaza di riferimenti medici informati e di centri che si facciano carico del loro problema.
Dopo il caso Jolie, scatta il problema opposto ma speculare: se ne parla anche troppo, ma troppo spesso senza conoscere davvero il problema. Cara Lella, il suo giudizio sbrigativo e un po’ colpevolizzante verso la scelta delle donne (non solo Jolie, tante anche in Italia, lo sapeva?) che optano, all’interno di un percorso serio e avallato da linee-guida scientifiche internazionali, per la chirurgia preventiva, è profondamente penalizzante verso la libertà di cura consapevole e la gestione del proprio corpo che le donne in diverse declinazioni rivendicano da anni: una presa di posizione sconcertante proprio perché viene da chi ha personalmente promosso nella sua vita e arte queste istanze.
Credo alla fine che si tratti di insufficiente informazione, del resto molto diffusa anche tra addetti ai lavori. Le scrivo perché penso che sarebbe importante, per le donne coinvolte a vario titolo in questa problematica, che lei tornasse a riflettere su questo argomento, perché il suo parere di personaggio pubblico femminile può avere un peso rilevante. Lei ha fatto un’affermazione forte sulla chirurgia preventiva: è una scelta che non sta mica tanto dalle parti della vita. Parla di mancanza di una accettazione della componente di rischio e di avventura che sta nella vita. Questo commento sarebbe calzante se parlassimo di rischio normale e condiviso: quello per cui tutte le donne sanno che potrebbero avere un tumore al seno nella vita (10-12% di rischio), così come viaggiando in autostrada non possiamo avere la certezza che non ci capiti un incidente. Vero, rischio e morte fanno parte della vita e culturalmente il trend tende ad allontanarsi il più possibile da questa consapevolezza. In questo senso sottoscrivo che si vive nel rischio quotidiano, che ogni giorno che passa potrebbe essere l’ultimo e comunque ci avvicina inesorabilmente di un passo verso il traguardo finale, uguale per tutti. Da artista lei sottolinea ancora di più: il rischio è anche un’avventura, la vita E’ un’avventura. Sottoscrivo.
Nelle donne con una mutazione genetica però non si tratta di gestire un rischio come quelli che conosciamo, magari un po’ più alto. Provo a sintetizzare in pochissime parole il mondo che separa le “donne ad alto rischio” da noi, paralizzando in alcuni casi proprio la loro vita. Svilupperanno un tumore al seno in oltre i 2/3 dei casi, con un rischio associato elevato anche di neoplasia dell’ovaio (altrimenti infrequente). Il cancro che sviluppano è solitamente molto più aggressivo di quello sporadico delle ultracinquantenni e colpisce in età giovanile (80% tra i 30 e i 50 anni). Hanno spesso subito lutti plurimi e gravissimi in famiglia, magari perso la madre da bambine, visto la zia o la sorella ammalarsi, aspettano senza neanche sapere dell’esistenza della mutazione che il destino si compia anche per loro. L’avventura diventa paralisi finchè non capiscono di cosa si tratta. E, diventando protagoniste attive della loro vita, corpo e destino, cercano di capire attraverso counselling clinici, genetici, psicologici, come possono gestire questo rischio che grava sulla loro vita come una spada di Damocle. Ed ecco chi sceglie un percorso di sorveglianza per puntare sulla diagnosi precoce del tumore in agguato, oppure chi decide di abbattere il rischio stesso di sviluppare il tumore con la chirurgia preventiva, che riporta la % di rischio da altissima a livelli accettabili, inferiori a quelli di una donna senza mutazione BRCA. Scelta difficile, percorso molto personale. Ogni opzione ha pro e contro molto complessi, non è questa la sede in cui approfondire.. 
(solo un commento personale in merito: ho preso atto da tempo, non senza sofferenza e indignazione, di una singolare contraddizione: se si interviene sul corpo femminile per prevenire una grave malattia si scatenano controversie laceranti e feroci, laddove di fronte a manipolazioni chirurgiche anche abnormi effettuate per futili motivi - ispirate all’immaginario erotico maschile e/o ai tirannici canoni estetici attuali - nessuno si straccia le vesti).
Tuttavia, queste scelte vanno rispettate e il problema non eluso con fatalismo, come se si trattasse di un’avventura o un brivido da roulette russa. Piuttosto, è un dramma per la maggior parte di queste donne/ragazze, che troppo spesso conosciamo quando già la malattia ha fatto la sua comparsa, e loro a dire: ma perché nessuno me ne ha mai parlato? Avrei potuto fare delle scelte…. Un cancro al seno in giovane età devasta ancora di più la vita di una donna ferendo non solo la sua femminilità nel pieno splendore, ma anche interferendo con la maternità, con la vita sessuale, lavorativa….
Le donne raccontano Lella. Mi piacerebbe farle leggere alcune testimonianze che ho raccolto da loro, con l’idea di farne un libro. Una volta ne ho fatta leggere una, molto lucida e toccante, a un convegno. Rileggendo oggi quei testi immagino lei, con la sua voce e la sua straordinaria espressività, dare diritto di parola a queste voci inascoltate e incomprese. Sui cui complessi percorsi emotivi in questi giorni tutti, dal sedicente esperto alla mia parrucchiera, hanno detto la loro, passando senza volerlo come carrarmati a devastare la verità di un mondo che neanche lontanamente immaginano.
Le vuole leggere Lella? Ne sarebbe toccata, entrerebbe in risonanza con la complessità di questa problematica femminile estremamente particolare e sfaccettata e, ne sono certa, capirebbe. Forse addirittura le verrebbe voglia di farsene portavoce. Abbiamo un evento scientifico tra un anno, su questo tema, nell’ambito del quale saranno sancite le raccomandazioni scientifiche italiane, messe a punto e condivise da un gruppo di esperti di tutte le specialistiche implicate associato a un’advocacy femminile. Eppure enunciare linee-guida non significa che le cose funzioneranno davvero. Una donna che fa i controlli particolari (tanti) a causa della mutazione in Emilia Romagna è esente ticket, in tutte le altre regioni no. La spending review sta mettendo a repentaglio la possibilità di fare con il SSN il test genetico e persino la mastectomia e l’annessiectomia (asportazione di ovaie/tube) preventiva. 
Come vede è un ambito in cui avremmo bisogno di donne alleate, che non liquidino il problema con una frase a effetto ma anzi contribuiscano a tenere alta l’attenzione affinchè le politiche sanitarie intervengano con provvedimenti adeguati a sostegno di questa particolare condizione di rischio geneticamente determinato. Provi a conoscere queste donne: si innamorerebbe della loro forza, del loro coraggio, della loro lucida determinazione ad essere protagoniste attive e consapevoli del loro destino.
La ringrazio per la pazienza, se avrà avuto la bontà di leggere fino a qui con attenzione.
Cordiali saluti, con affetto e immutata ammirazione,
Alberta Ferrari.

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